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Rionero in Vulture - Il Castello di Monticchio

Logo Basilicata Vacanze Rionero in Vulture Non tutti sanno che il casale ed il castello di Monticchio erano abbastanza lontani da quello che oggi viene conosciuto come Monticchio. Oggi si intende il luogo dove sorge l’Abbazia di San Michele sugli splendidi Laghi, ma in realtà il vero Monticchio è il cocuzzolo di una collina e l’area circostante siti nella località "Sgarroni" a Rionero in Vulture.

I resti del castello si trovano dopo aver raggiunto la sommità della collina adiacente alla masseria San Vito e rappresenta una serie di fortificazioni che difendevano il Vulture sin dall’età prenormanna. In quest’area i monaci benedettini avevano cristianizzato le campagne.

Anche Federico II non disdegnò questi luoghi, come ben sappiamo, e della tipica architettura sveva sono alcune fasi costruttive della Badia di S. Ippolito, in particolare la torre cosiddetta "campanaria" –in realtà un elemento da difesa con due livelli ben distinti.

Ritornando al castello vero e proprio, solo tre ambienti sono oggi visibili, a pianta pseudoquadrata, ricoperti da rovi e querce.

Al di sopra la struttura muraria emergente si conserva un arco acuto ghierato (XII secolo), successivamente tamponato e poi rinforzato da una muratura di sostegno esterna, di età angioina.

Terremoti e smottamenti continui costrinsero gli abitanti ad un repentino abbandono, e nel caso di Monticchio hanno coperto la storia di questo castello e di questi monumenti.

Il villaggio, costituito dalle numerose strutture e case, era anche conosciuto come "Casal Cornuto" (cioè "Casale con le mura merlate") i cui abitanti sono tenuti nell'età sveva a riparare il castello di Melfi.

Qui nel 1279 Enrico, trovandosi nel suo castello, incontrò alcuni uomini della sua terra che "evaginato burdone", cioè estratta la spada, lo ferirono gravemente ad una coscia giustificandosi perchè "i diritti ed i servigi che erano soliti destinare a lui come gabelle per la Corona se li teneva lui indebitamente".

Ma la storia non finisce qui, perché costoro, inoltre, il giovedì dopo Pasqua suonarono le campane ad armi inseguendolo a colpi di pietra gridando "mora! Mora!", tanto che costrinsero Carlo I ad aprire un'inchiesta sulle ragioni di tali comportamenti.

Non sappiamo come andò a finire l’inchiesta, ma conosciamo bene gli eventi successivi che portarono i padroni delle terre a sfruttare sempre di più il Sud e la Basilicata, portando poi a fenomeni di ribellione, erroneamente chiamati "brigantaggio".

FONTE: Consiglio Regionale di Basilicata.