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Matera - Il Castello di San Francesco

San Francesco - Matera Matera Nei pressi del castello-masseria di San Francesco viveva un padre che aveva due figli: Giacomo e Giovanni; l’uno era buono di cuore e bello di viso, l’altro maligno e sfaticato.Il padre si raccomandava sempre che si amassero e si aiutassero a vicenda ma Giovanni troppo invidiava il fratello buono per corrispondere al desiderio del genitore. Quando questi morì, il figliolo onesto si mise a lavorare senza tregua e nel giro di due tre anni racimolò una discreta fortuna; l’altro, invece, che trascorreva il tempo tra la piazza e l’osteria, si ridusse ben presto in miseria e cominciò a chiedere soldi a questo e a quello e soprattutto a Giacomo.

Una sera andò in casa di costui in campagna e poiché il fratello maggiore tentennava e non si fidava delle promesse di restituzione, Giovanni, accecato dall’ira, afferrò la paletta del braciere e lo uccise.

Quando il giorno dopo i guardiani della masseria scoprirono il cadavere, rimasero inorriditi dalla ferocia con cui era stato massacrato il loro padrone; corsero in paese a denunciare il misfatto e poi provvidero pietosamente a sistemare nella cassa il povero Giacomo e a portarlo al cimitero.

Per identificare l’assassino furono interrogati mezzadri e massari di Matera, Montescaglioso e Miglionico, ma nessuno seppe dare un indizio.

Una notte, mentre alcuni contadini scendevano per un tratturo che costeggiava il luogo dov’era stato commesso l’omicidio, avvertirono un curioso rumore e intravidero un essere senza forma che si agitava sull’aia. Là per là restarono senza fiato, credendo che si trattasse di un demonio; poi si fecero coraggio e andarono a vedere chi fosse. Non appena gli furono a tiro scoprirono un grifone che con voce lamentosa diceva:

“Per l’amore dell’uccello grifone
mio fratello è stato il traditore”.

Non appena udirono queste parole, si fecero il segno di croce per la paura e a gambe levate scapparono dall’aia.

Ma anche a mezzo miglio di distanza sentirono ripetere quel lamento e allora capirono che il grifone era l’anima del giovane ucciso che chiedeva vendetta. Si guardarono l’un l’altro incerti sul da fare e infine tutti d’accordo decisero che era meglio tornare in paese, bussare alla porta del giudice e raccontargli i fatti.

I gendarmi arrestarono l’omicida che dapprima cercò di negare e poi, messo alle strette, confessò la colpa, meritandosi il carcere a vita.

Si illudeva, il Caino, di poter sfuggire alla pena solo perché nessuno era stato testimone della sua malazione; ma Dio che è onnipotente e non per nulla vede e provvede, fece un cenno di lassù all’uccello grifone e mise in opera l’umana giustizia.

FONTE: Consiglio Regionale di Basilicata.