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La Storia della Basilicata / Paleolitico

Il Paleolitico inizia agli albori dell'Era Quaternaria, quasi due milioni di anni fa e termina attorno al 10.000 a.C. In questo lungo arco di tempo si sono succedute quattro glaciazioni (Gunz, Mindel, Riss, Wurm), intervallate da periodi meno freddi o temperati detti interglaciali. L'alternarsi di situazioni climatiche estremamente differenti, dovute alle variazioni di temperatura che fecero avanzare ed arretrare per centinaia di chilometri il fronte dei ghiacciai, apportò di volta in volta grandi cambiamenti nella morfologia del paesaggio e quindi nella flora e nella fauna. La specie umana, attraverso vari stadi di evoluzione, seppe adattarsi alle circostanze fino a raggiungere, circa 35.000 anni fa, lo stadio di Homo sapiens sapiens dal quale tutti noi discendiamo.

La cultura umana di questo periodo è documentata quasi esclusivamente dai ritrovamenti di rudimentali armi e strumenti in pietra usati come utensili, i quali ci rivelano molte informazioni sulle abitudini di vita degli uomini paleolitici: certamente vivevano riuniti in piccoli gruppi e conducevano un' esistenza non sedentaria perché costretti a spostare continuamente i propri accampamenti o a lasciare le proprie caverne per seguire la selvaggina, parte principale della loro alimentazione.
Gli oggetti più antichi sono rappresentati da manufatti realizzati con la tecnica della scheggiatura su ciottolo, calcare, selce, quarzite, basalto e ossidiana. Essi si ottenevano mediante percussori di pietra o, più tardi, di legno e di osso e venivano utilizzati per le attività quotidiane: per scuoiare gli animali, per tagliare la carne e per lavorare il legno. Gli strumenti del Paleolitico si distinguono in due grandi categorie: la prima comprende i manufatti di maggiori dimensioni realizzati su ciottolo scheggiato su una sola faccia o su entrambe (bifacciali), fino ad ottenere margini taglienti; l’altra raggruppa piccoli strumenti costituiti da schegge staccate dal nucleo del ciottolo e ritoccate (grattatoi, raschiatoi).

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In Basilicata

Le testimonianze più antiche della presenza umana in Basilicata risalgono al Paleolitico Inferiore (circa 700.000 anni fa) e si riferiscono in primo luogo a rinvenimenti effettuati lungo le sponde di vasti bacini lacustri ubicati nei dintorni di Matera, nei territori di Atella-Vitalba di Venosa, del fiume Mercure e dell’alta valle dell’Agri. Questi luoghi ricchi di acqua (elemento essenziale per la vita), costituivano l’habitat ottimale per forme elementari di sussistenza quali la caccia ai grandi mammiferi e la raccolta. Il clima e il paesaggio, che pure hanno subito numerose trasformazioni nel corso del Paleolitico, erano molto diversi da quelli attuali tanto che, tra la fauna, si annoverano animali oggi non più documentati in Italia meridionale, quali la tigre con i denti a sciabola (specie sopravvissuta del periodo precedente), l’ippopotamo, l’elefante, il rinoceronte, cervidi, orsi che vivevano proprio in prossimità degli specchi d’acqua precedentemente citati dove erano oggetto della caccia dell’uomo. Oggetti in pietra risalenti a questo periodo sono stati ritrovati diffusi in tutta la regione e, nel Materano, anche nelle grotte cosiddette “Funeraria” e “dei Pipistrelli”. Rarissimi sono, invece, i resti umani databili al Paleolitico come il frammento di femore di Homo erectus rinvenuto a Notarchirico, presso Venosa, riferibile ad un individuo adulto vissuto circa 300.000 anni fa.